I SIMBOLI DI SETTEMBRE NELLE TRÈS RICHES HEURES DU DUC DE BERRY

Nella parte superiore del foglio miniato il carro del sole – astro tutelare dell’intero calendario – regola con la sua posizione centrale la composizione dell’intera lunetta. Nel nostro emisfero infatti – per l’uomo che guarda il cielo – l’astro regale nasce ad oriente, si dirige verso Sud a mezzogiorno, e tramonta a occidente.
Il sole – la cui raggiante presenza tutto vede e ascolta – diviene per gli uomini e le loro attività il testimone più autorevole e affidabile, simbolo della coscienza, della chiaroveggenza, della comprensione e dell’intelligenza, tutte nozioni che il calendario sottende.

Nella sua iconografia – derivazione dalla splendida immagine fidiaca che adorna le pareti di un cratere apulo – Hêlios appare come un giovane di straordinaria bellezza, nel fiore degli anni, la cui testa è circondata da raggi che formano la sua capigliatura dorata.
Qui i fratelli Limbourg trasformano la sua bellezza in saggezza.
La figura del Sole – assimilabile a quella del Sommo Alchimista – è concepita dall’uomo medievale attraverso una comparazione: l’uomo, come il Sole, guarda le cose del mondo ed è animato dal desiderio di darle vita e renderle preziose.
Nella fascia più esterna della lunetta sono rappresentati i segni della Vergine e della Bilancia.
Come sempre la loro differente colorazione e la diversa porzione occupata rimandano alla rispettiva posizione nel firmamento e alla loro entrata e uscita dal mese.
Qui, nei cerchi concentrici, sono indicate con estrema precisione le fasi lunari e la durata dei giorni.
Nella rappresentazione delle attività del mese – come sempre – troviamo quelle dei signori, con il campo allestito per un torneo cavalleresco; e quelle dei contadini che si dedicano alla vendemmia. La palizzata non separa soltanto i due mondi.
Risulta infatti evidente che nella sua stesura la miniatura presenta due stili molto diversi, sia per il disegno che per la tonalità di colori.

Tutta la sezione superiore, connotata da un’estrema raffinatezza compositiva ed eleganza formale, è opera dei fratelli Limbourg.
Come d’abitudine i celebri miniatori avevano cominciato dallo sfondo, con la colorazione del meraviglioso cielo sfumato, a rimarcare la profondità del paesaggio. Erano poi passati a delineare la complessa architettura del castello.
Solo in una fase successiva si sarebbero dedicati alla scena vera e propria, con l’inserimento delle figure e la descrizione delle varie attività.
Alla loro morte, però, il foglio non era terminato.
La parte in primo piano venne probabilmente realizzata in un secondo momento dal miniatore Jean Colombe, forse sulla base di uno schizzo dei Limbourg.
Nel corso del Medioevo le vigne non si limitarono a colonizzare le campagne prossime ai grandi insediamenti urbani. La loro presenza si addensò, dove vi erano le condizioni naturali ed economiche favorevoli – anche in prossimità degli insediamenti castellani, disegnando così nuovi e meravigliosi paesaggi.
Alcuni contadini – chini nella vigna – raccolgono i grappoli e li sistemano nei panieri. La raccolta poteva essere effettuata a mano o con il ricorso a piccole roncole, coltelli e forbici; depositata in ceste o canestri di vimini, veniva sovente travasata in gerle, qui trasportate da asini.

L’uva era successivamente riversata nei tini per poi essere pigiata. Come sottolineato dalla prosopopea del sole, gli animali – sia tra i nobili sia tra i contadini – sono indissolubilmente legati alle attività umane.
In primo piano non manca un indice di prosperità: la donna con il grembiule bianco potrebbe essere in dolce attesa e rimandare a quella raffigurata nella stagione invernali, intenta a riscaldarsi al tepore della fiamma – un possibile indice di concepimento.

L’uomo che mangia dei chicchi d’uva, si concede un momento di riposo. Entrambe le figure potrebbero rimandare all’opera alchemica: l’attesa sta per dare i suoi frutti, che i contadini potranno finalmente apprezzare.
Un uomo di spalle si allontana con un cesto di uva. Con la sua caratteristica sagoma frastagliata presenta una somiglianza con le figure immerse nel fiume del mese di Agosto.
Forse queste ultime sono una aggiunta di Colombe, a stabilire una continuità figurativa tra due scene contigue?
Il bellissimo castello sullo sfondo ci riporta nella dimensione aulica e fatata dei Fratelli Limbourg. Si tratta del castello di Saumur, nei pressi di Angers, costruito per commissione del nipote del duca di Berry, il re Luigi II d’Angiò.

L’architettura è riprodotta con estrema accuratezza.
Il sole di settembre bacia le torri, i tetti d’ardesia, sormontati dai gigli della famiglia reale.
Stessa sorte è riservata alle merlature, mentre le finestre ritmano le varie torri, con la presenza di una splendida bifora con timpano a gattoni.
Sulla sinistra, dietro il muro di cinta, un enorme camino e un campanile indicano le cucine e la chiesa dell’abbazia di Fontevrault, costruita nei pressi del castello.
In basso, una donna con una cesta sulla testa si avvia verso il castello, mentre un cavallo sta uscendo dal ponte levatoio.
La palizzata di legno delimita il luogo dove si svolgevano i tornei e le feste cavalleresche, di cui si dilettava l’aristocrazia del tempo.
La posizione dominante indica tutta la ricchezza e potenza del duca di Berry.
La realtà testimoniò tutta la vanitas di tale imponenza.
Nessuna fortezza poté salvare il nobiluomo, la sua famiglia e gli stessi fratelli de Limbourg, i miniatori al suo servizio, dall’epidemia di peste che si abbatté nei suoi territori ai primi del 1416.
La miniatura, come spesso accade nella serie, funge da valida testimonianza nell’esplorazione dei due mondi, quello nobiliare e quello contadino.
Ma in questo caso anche di due epoche, quella prima e quella dopo la pestilenza.
Forse il contadino che mostra le terga – oltre che essere una nota di colore all’interno della scena – vuole ribadire – con una postura irriverente e un gesto goliardico – la ricchezza della vendemmia e la vita che prosegue, con la possibilità di godere ancora di tale abbondanza – ribadita dalla coppia in primo piano – una volta superata la fase più drammatica dell’epidemia.
Ecco il racconto della miniatura nel video di Ars Europa.

